Se vedi un incendio chiama il 115
Situazione attuale
In base ai dati dell'Inventario forestale nazionale (IFNC, 2005) le foreste coprono circa 385.500 ettari, pari ad oltre il 45% del territorio regionale. L'espansione della superficie forestale avvenuta negli ultimo 30 anni (in media + 0,06% all'anno) è certamente più contenuta rispetto a quanto registrato nel periodo precedente, ma pone in evidenza comunque la grande potenzialità di espansione delle superfici forestali che ancora permane. Attualmente dominano incontrastate le latifoglie ed in particolare le specie quercine (roverella, cerro e leccio) che da sole occupano oltre il 60% della superficie forestale regionale. I boschi di conifere interessano appena il 5% e sono in maggioranza rimboschimenti di pino nero o pino d'Aleppo eseguiti dall'uomo principalmente nella prima metà del secolo scorso.
I boschi appartengono per oltre il 70% a soggetti privati. Questi soprassuoli sono stati maggiormente interessati dalle utilizzazioni legnose e pertanto sono dotati di una massa media più scarsa di quella dei boschi pubblici (rispettivamente 71 mc/ha e 93 mc/ha). I boschi pubblici appartengono per il 69% ai comuni o agli enti di uso civico.
Le foreste con prevalente funzione protettiva interessano il 24,8% della superficie forestale regionale ed in particolare il 13,6% svolge una funzione protettiva diretta (protezione di centri abitati ed infrastrutture, difesa da frane, valanghe ecc.) ed il restante 11,2% indiretta (protezione idrogeologica in senso lato). I boschi protettivi si trovano in prevalenza su terreni posti a quote elevate e caratterizzati da elevata pendenza.
Le foreste regionali costituiscono inoltre il fulcro delle aree protette regionali, tanto che considerando anche i siti della Rete Natura 2000, circa un terzo delle foreste umbre ricade nelle aree di maggiore interesse ambientale.
I boschi cedui, cioè quelli che si rinnovano per via agamica, interessano circa l'80% della superficie forestale regionale. La restante parte è costituita da boschi di alto fusto per circa il 12% e da cedui in conversione all'alto fusto per circa l'8%. La suddivisione dei boschi cedui in classi di età evidenzia una buona distribuzione nelle diverse classi a testimonianza della continuità che si è registrata nell'utilizzazione dei boschi a differenza di quanto avvenuto in altre regioni.
La diffusa presenza dei boschi cedui è la causa della scarsa quantità di biomassa legnosa presente (provvigione): complessivamente i boschi umbri presentano una provvigione di circa 30 milioni di metri cubi, che a parità di superficie è circa la metà di quella presente nei boschi ad esempio del Trentino. Si tratta comunque di un valore destinato a crescere nel tempo dal momento che le utilizzazioni legnose, cioè il materiale prelevato dai boschi, interessano fra il 40 ed il 60% dell'incremento legnoso annuo ovvero di quanta biomassa generano annualmente i boschi dell'Umbria (le utilizzazioni ammontano a 300.000-500.000 metri cubi). Il contributo apportato al protocollo di Kyoto dai boschi dell'Umbria non è indifferente per due motivi:
- il 97% delle utilizzazioni forestali è legna da ardere, quindi biocombustibile che va a sostituire i combustibili fossili determinando un quantitativo di emissioni evitate di anidride carbonica pari a 35-40.000 t;
- la quota di incremento annuo non utilizzato costituisce un assorbimento netto di anidride carbonica presente in atmosfera.
I diversi tipi di bosco non contribuiscono in modo uguale all'assorbimento di anidride carbonica. Come si rileva dalla tabella seguente gli impianti di arboricoltura da legno seguiti dai boschi misti mesofili e dai castagneti sono i soprassuoli che assorbono maggiori quantitativi di anidride carbonica, mentre i boschi igrofili (fasce ripariali con pioppi e salici), pur crescendo molto velocemente immagazzinano basse quantità di anidride carbonica a causa della bassa densità basale (peso per unità di volume del legno). Per quanto riguarda le condizioni delle foreste, i dati disponibili sono quelli della rete di monitoraggio materializzata in ambito regionale a seguito della realizzazione di alcuni progetti cofinanziati dall'Unione europea nel periodo 1992-2001. I risultati conseguiti indicano che i danni alla vegetazione causati da agenti biotici, ed in primo luogo dagli insetti, assumono una certa rilevanza con un progressivo aumento della frequenza di alberi danneggiati. Per quanto riguarda i danni per cause non note (inquinamento, stress ambientali, cambiamenti climatici, ecc.) si assiste ad un progressivo aumento del livello di danneggiamento delle piante, anche se con intensità diversa per le singole specie. Ad esempio la frequenza di alberi di cerro in condizioni di stress circa raddoppia nel decennio di riferimento, mentre per la roverella si registra un aumento del 20%.